Lloyd Cole - EmiliaExclusive -

Lloyd Cole è una icona degli anni ’80. Uno scozzese che a metà del decennio edonistico per eccellenza riuscì ad imporre nel mondo alcuni rock hit dal sapore malinconico.
Lloyd ha continuato a fare musica. Lui ci crede senza remore e anche se ha vissuto ai margini del business, ha pubblicato alcuni album decisamente interessanti. L’ultima fatica discografica si intitola “Broken Record”.
In occasione della sua unica data italiana in provincia di Bologna abbiamo scambiato alcune battute con lui. Signore e signori a voi Lloyd Cole.

Quando è arrivato il punk hai sentito una scossa nella schiena o hai pensato chi sono questi pazzi?
Non ho pensato a dei “pazzi”, mi sono detto: “Forse potrei farlo anch’io”. Il punk è stata una liberazione per la mia generazione.

Mi hai sempre dato l’idea di un artista riservato, non troppo propenso a darsi in pasto all’industria discografica. È così o mi sbaglio?
E’ solo che mi piace fare le cose a modo mio.

Come vive uno scozzese negli Stati Uniti? Si sente un emigrato o si è integrato senza problemi nel tessuto sociale americano?
Sono inglese e non mi sento americano. A volte ho nostalgia dell'Europa, nostalgia che mi faccio passare tornando nel Vecchio Continente spesso e volentieri.

Come hai scelto i musicisti con cui collaborare in “Broken record”?
Molto semplicemente sono tra i miei favoriti.

Mi racconti un episodio bello ed uno brutto della tua carriera?
Un episodio bello è stato sicuramente la prima volta a New York. Fu un concerto tutto esaurito e tra il pubblico vidi Chris e Tina dei Talking Heads. Fu molto eccitante. Ho amato NYC per lungo tempo. Ma ora è cambiata, come sono cambiato io. Un episodio negativo fu invece un concerto a Parigi nel 1991, girai un video prima del live. Ero sfinito e fu un disastro.

Il mondo si salverà dai suoi errori?
Mi auguro solo che impari dai suoi errori.

a.t.

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